“Fiducia in sé stessi”
“Se io ho perso la fiducia in me stesso, ho l’universo contro di me.”
Ralph Waldo Emerson
La fiducia in sé stessi non è altro che la capacità di sentirsi adeguato davanti a un compito, a una sfida, a un ostacolo. In una società che ci mette in continua competizione e sfida con standard sempre più alti, la fiducia in sé stessi risulta ancora più importante per il mantenimento di un buon equilibrio psichico ed emotivo. La fiducia in sé stessi non deve essere confusa con il concetto di autostima, che è invece la capacità di valutare positivamente il nostro operato.
In questo articolo viene messo in luce il concetto di fiducia in sé stessi e come è possibile averne, le personalità che possono dubitare della fiducia rivolta verso il proprio sé, e le strategie per poter recuperare la fiducia in sé, se quest’ultima viene meno o è compromessa.
Come si fa ad avere fiducia in sé stessi?
La fiducia che ognuno di noi ripone verso se stessi è profondamente correlata con l'attaccamento verso la figura di accudimento – in particolare la madre; non è una capacità innata ma si costruisce fin dai primi momenti della vita del neonato. Come sosteneva Erikson, la fiducia (o diffidenza) si forma nei primi due anni di vita del bambino. È lì che il bambino impara la gestione delle relazioni e il grado di soddisfazione dei suoi bisogni che può ricavare dagli altri. La madre, figura dalla quale il bambino è completamente dipendente, svolge un ruolo centrale nello sviluppo della sua fiducia, che porrà le basi sul senso di affidabilità e qualità della relazione madre- bambino.
Tanti psicoanalisti illustri hanno trattato il tema della fiducia, non possiamo non citare Freud che nel 1917 scrive “Un uomo che è stato l’indiscusso favorito della propria madre porterà per tutta la vita il senso del conquistatore, quella fiducia nel successo che spesso procura il successo reale”, ma anche Kohut, il quale sosteneva che “Solo lo ‘sguardo coesivo’ della madre, trasmettendo un messaggio di calore e di accoglimento, permette al bambino di costruire un’immagine coerente del Sé”.
Se le figure genitoriali espongono il bambino a un rapporto di amore in cui prepondera la fiducia, è probabile che anche il bambino impiegherà questa posizione anche davanti al resto del mondo. Ma se non gli forniscono un ambiente sicuro e non soddisfano i suoi bisogni primari, probabilmente sperimenterà la sfiducia nei confronti degli altri e il conseguente non aspettarsi nulla da loro. Lo sviluppo di questa sfiducia può generare sentimenti di frustrazione, diffidenza o insensibilità nel bambino che non si aspetterà nulla di diverso dalle persone che lo circondano.
Riprendendo il pensiero di Erikson, sopracitato, egli affrontava il concetto di “fiducia di base” (Erikson, 1950): è il riconoscimento da parte del bambino della capacità di rispecchiamento e di contenimento nel genitore per cui la risposta corretta e coerente del genitore implica la sua disponibilità e la sua capacità di non essere sopraffatto, cioè di far fronte efficacemente all'affetto. Sempre seguendo il pensiero di Erikson, egli riconosceva che un modello duraturo che dia una soluzione al conflitto fiducia/sfiducia è il primo compito che l’Io deve affrontare, nonché il primo compito delle cure materne.
È la qualità del rapporto madre-bambino che determina il senso di fiducia in sé stessi, e non come a volte – erroneamente – si crede, solo dal nutrimento ricevuto o dalle manifestazioni di amore. Ciò che consente a una madre di creare la fiducia nel suo bambino è un’unione tra l’empatia di cogliere le esigenze specifiche del proprio figlio e la fiducia in sé stessa, come madre e come persona. Ciò costituisce nel bambino la base di un senso di identità che più tardi si combinerà al senso di essere sé stesso. I genitori non dovrebbero educare i loro figli soltanto attraverso consensi e limiti (“sì” e “no”) ma anche attraverso la capacità di comunicare al bambino la sicurezza che ciò che essi fanno ha un significato profondo.
Chi non ha fiducia in sé stesso?
Abbiamo visto finora quali sono le fondamenta per avere una solida fiducia in sé stessi; ma se le successive tappe del percorso psico-evolutivo non si basano sulle suddette premesse, il bambino rischia di crescere con la convinzione di non sentirsi adeguato con sé stesso, o davanti a un compito o in una relazione. Se la fiducia in sé stessi è uno stato psichico in cui si ha la sicurezza e la sensazione positiva che si può realizzare qualcosa, non è però vero che bisogna essere bravi in qualcosa per essere fiduciosi in sé stessi. Infatti, quando entra in gioco il meccanismo della sfiducia nelle proprie capacità, non è quasi mai il compito a rendere insicura una persona, ma è la parte giudicante e critica che fa risuonare nella mente la convinzione di non essere “abbastanza bravo/capace/adeguato…”.
È molto comune, nelle persone che non hanno fiducia in sé stessi, sperimentare emozioni quali: preoccupazione verso ciò che si pensa di non saper fare, giudizio verso sé stessi con continue critiche e analisi negative rivolte a sé, svalutazione e costanti paragoni e frustrazione causata dalla ricerca di soluzioni a insicurezze lavorative e relazionali. È importante ribadire che la mancanza di fiducia in se stessi non risiede nella reale incapacità in un determinato frangente – tutti noi abbiamo bisogno di uscire dalla nostra zona di comfort per sperimentare cose nuove – ma dalla convinzione di sentirsi inadeguato e imperfetto.
Come capire se si hanno problemi di fiducia?
Come ogni disturbo psicologico, anche la mancanza di fiducia in sé stessi può essere riconoscibile da alcuni sintomi. Anche se non esiste una diagnosi precisa, una persona che sperimenta questa sofferenza può riferire vissuti depressivi, attacchi di panico, problemi alimentari, ritiro sociale, impulsività e aggressività.
Di per sé sono sintomi aspecifici che rientrano in altre categorie diagnostiche: l’aspetto depressivo si può ritrovare in un paziente con Disturbo di Depressione Maggiore ma anche in persona con problemi di fiducia (e in altri disturbi). Quindi, la causa scatenante può essere molto differente ma il vissuto del paziente esattamente identico. Imparare a riconoscere e a differenziare può essere fondamentale per la persona che ne soffre in modo da potersi fare la giusta domanda.
Oltre ai sintomi sopradescritti, possono presentarsi altri aspetti di fatica: difficoltà a portare a mantenere un lavoro, relazionarsi con il capo, fidarsi del proprio/a partner. In questi casi la persona non ha per esempio problemi di controllo, o di competizione narcisistica, ecc., ma alla base si annida sempre quella falsa credenza che egli non è abbastanza bravo per quella situazione o per quello standard a cui aspira.
Come recuperare la fiducia in sé stessi e negli altri?
Ciò che risulta “facile” fare non richiede una profonda analisi delle nostre capacità, al contrario dello sforzo psichico ed emotivo che richiede l’interrogarsi sul perché non si riesce a fare altro. Ciò che si dà per scontato, in realtà nasce da un lavoro di costruzione di quella capacità che ha richiesto tempo, impegno, sforzo e sacrifico. Se si riesce a padroneggiare perfettamente quella capacità/competenza, nel tempo si darà per scontato che è una parte di sé stessi, e che quindi non merita più quel riconoscimento e soddisfazione di un tempo.
Al contrario, è molto più faticoso tollerare la frustrazione e la rabbia che provoca il non riuscire a fare qualcosa. Ma, in realtà, è proprio la frustrazione che spinge una persona a superare i propri limiti e a uscire dalla propria zona di comfort. La fiducia, in se stessi (cioè nelle proprie capacità) e negli altri (cioè nella componente più relazionale) può essere rammendata da tanti “esercizi” e “consigli” fai da te che possono arrivare da amici, parenti, letture più o meno leggere che trattano dell’argomento.
C’è chi consiglia di fare più attività fisica, o chi incoraggia a fare pensieri più positivi su sé stessi, o perché no fare una lista di obiettivi facilmente raggiungili. Questi esercizi, sicuramente utili, non possono però sostituirsi alla psicoterapia, unico strumento che permette di analizzare nel profondo il vissuto emotivo del paziente.
Il centro clinico SPP ha l’obiettivo di aiutare chiunque si rivolga a noi a comprendere le cause di questa mancanza di fiducia in sé stessi; uno psicoterapeuta del nostro centro può aiutare ad arrivare alla radice del perché non si ha più fiducia in sé stessi o negli altri, e risanare quelle ferite dell’infanzia che probabilmente risiedono nel mancato rispecchiamento e contenimento materno.
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Dr.ssa Valentina Carella - Centro Clinico SPP Milano dell'età adulta