Transfert psicologico: cos'è, come avviene e tipi
“L’analizzato non ricorda assolutamente nulla degli elementi che ha dimenticato o rimosso, e che egli piuttosto mette in atto. Egli riproduce quegli elementi non sotto forma di ricordi, ma sotto forma di azioni; li ripete, ovviamente senza rendersene conto”. (Freud, 1914)
Cos'è il transfert?
Il transfert è una parola che si sente spesso, in ambito psicologico, ma la sua frequenza non va di pari passo con la trasparenza del suo significato: innanzitutto è un termine di origine latina, transfĕrre, ossia trasferire. In psicoanalisi, questo trasferimento è sinonimo di modalità relazionale, perché in ogni relazione attuale c'è un trasferimento di caratteristiche di relazioni antiche: modalità, aspettative, propensioni, schemi appresi durante le prime relazioni significative si riverberano nelle relazioni successive, in modo più o meno evidente. Il termine transfert, dunque, non interessa specificamente la relazione terapeutica, ma interessa qualsiasi relazione; sicuramente, però, in ambito psicoanalitico, il transfert psicologico assume valenza particolare, perché particolare è la relazione di cura e particolare è l'attenzione che il terapeuta pone al fenomeno.
Il transfert, quindi, può essere definito come una modalità relazionale in cui si mescolano riedizioni inconsce di caratteristiche sviluppate nelle relazioni infantili importanti ed edizioni, più o meno inconsce, di caratteristiche peculiari della relazione in atto: cioè, il transfert non è una replica pedissequa del passato; bensì, una relazione del presente con i suoi tratti distintivi, nella quale è possibile scorgere un imprinting primitivo, i residui di relazioni passate che hanno fatto da "calco". Con attenzione e una formazione adeguata, lo psicoterapeuta analizza il transfert psicologico, discrimina i vari contributi (del presente e del passato; del paziente e del terapeuta stesso) e si focalizza sugli schemi disfunzionali che si ripetono in modo pervasivo, dall'infanzia alle relazioni adulte (quella terapeutica compresa).
L'analista deve scorgere ciò che il paziente "sposta" (trasferisce) dalle relazioni primarie alla relazione che va sviluppandosi col terapeuta. In altre parole, deve individuare quel falso nesso che si instaura nella relazione terapeutica: falso perché comporta il ricorso a tratti relazionali inadeguati a quella relazione del presente e che risultano essere una riattualizzazione (una ripetizione) di modalità che appartengono ad altre epoche.
Come avviene il transfert?
Innanzitutto, il transfert avviene perché è un fenomeno inevitabile. Dove c'è relazione sincera, c'è transfert.
Nel corso del tempo, esso è stato concettualizzato in modi diversi: all'inizio come pura resistenza, come ostacolo alla terapia; più tardi quale strumento prezioso per la terapia stessa. Dapprima come spostamento dell'affetto da una rappresentazione all'altra, poi quale scarto della libido tra quella che giunge a coscienza e quella rimossa, poiché è la libido rimossa a fare da motore al transfert. I veri transfert, infatti, sono sempre affettivi e pulsionali, anche e soprattutto il transfert psicologico, sebbene corra il rischio di venire razionalizzato.
Il transfert avviene perché il desiderio non riemerge sotto forma di ricordo, bensì di libido inconscia, di agiti emotivi e, talvolta, di agiti motori che si innestano all'interno della dialettica tra presente e passato. Il meccanismo di fondo è la ripetizione: il transfert è una resistenza al ricordo esplicito di modalità relazionali antiche, le quali vengono allora ripetute in maniera inconsapevole.
Come funziona il transfert?
Storicamente, la prima osservazione è stata che il transfert psicologico funziona come una resistenza: è una forma di coazione a ripetere, un obbligo a replicare vecchie modalità disfunzionali anche, addirittura, nella relazione terapeutica. Si pone, quindi, quale resistenza al servizio dello status quo, contro il cambiamento, contro l'espansione di consapevolezza. Il transfert funziona come un agire inconscio e automatico di antiche dinamiche, al posto di un ricordare che permetterebbe al conscio di controllarle. Se il processo della memoria non ha luogo, il non-ricordato viene trasferito nelle situazioni presenti. Accade, quindi, che l'attivazione emotiva che il paziente prova per l'analista non è suscitato dall'analista né indirizzato all'analista, ma riguarda qualcun altro che l'analista in quel momento rappresenta.
Il fenomeno del transfert psicologico è stato osservato anche da un'altra prospettiva ed esso si è rivelato come uno strumento per superare le resistenze: innantitutto perché, come resistenza, il transfert può essere analizzato. Nel transfert si può scorgere come relazioni infantili distorcano e vizino la relazione analitica e le altre relazioni attuali, così come la qualità delle strutture psichiche dell'individuo (ovvero Io, Es e Super-Io) e dei loro conflitti.
Processo fondamentale perché tutto ciò sia colto è l'analisi del trasfert psicologico da parte dell'analista man mano che si svolge nel lavoro analitico.
Quanti tipi di transfert?
Questa è una domanda cui si possono dare più risposte. Innanzitutto, i transfert possono essere tanti quante sono le relazioni che un individuo instaura in modo intenso. Il transfert esiste nelle relazioni amicali e in quelle amorose, nelle relazioni gerarchiche, di lavoro, di aiuto. E, ovviamente, anche nella relazione analitica, dove il transfert viene messo in scena, nel suo mix di vecchi copioni e improvvisazione, nella stanza d'analisi. In linea di massima, si distinguono due qualità di transfert psicologico: quello positivo e quello negativo, che si esprimono sotto forma di sentimenti favorevoli oppure ostili verso l'analista, in modo almeno in parte immotivato.
Nel caso di transfert positivo, nelle proiezioni affettive sul terapeuta prevalgono stima e affetto che creano le condizioni perché il paziente si affidi al lavoro terapeutico; invece, nel transfert negativo a dominare sono le proiezioni ambivalenti oppure rabbiose, aggressive, invidiose, fino alla paranoia, quale forma estrema. Tuttavia, il quadro non è così pulito. Le relazioni umane intense non sono permeate da emozioni pure e nette: per esempio, c'è sempre una quota di aggressività al servizio dell'amore e che rende possibile il legame.
L'amore, poi, non rimanda necessariamente a un transfert positivo: se si traduce in affetto, simpatia e rispetto può rendere possibile la collaborazione terapeutica; ma quando l'amore eccede, quando addirittura si erotizza, esso diventa ostacolo al lavoro terapeutico, si propone come un amore al servizio dell'aggressività, portando allo stallo, se non addirittura alla chiusura dell'analisi.
Farei un ultimo accenno, un'introduzione, a un altro tipo di transfert psicologico: quello dell'analista. La relazione è un incontro tra due persone con i rispettivi transfert. Quello dell'analista viene chiamato contro-transfert.
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Dr. Emanuele Visocchi - Centro Clinico SPP Milano età adulta