Conseguenze stress prolungato: come riprendersi con la psicoterapia
In un momento storico come quello che stiamo vivendo da ormai più di un anno, dove siamo costantemente sollecitati a fare i conti con gli effetti della pandemia mondiale causata dal Covid-19, affrontare il tema dello stress prolungato, sembra quasi una normale conseguenza.
Lo stress a cui si è sottoposti ogni giorno, per esempio a causa del lavoro, è spesso vissuto come una parte integrante della quotidianità; meritano però un approfondimento maggiore le reali conseguenze, emotive e fisiche, di uno stress che dura da tanto tempo, e che sembra essere condiviso a livello globale.
In questo articolo, infatti, cercheremo di dare spazio a diverse tematiche collegate alle conseguenze dello stress prolungato: quali sono i sintomi, gli effetti, quando lo stress prolungato rischia di essere pericolo per la nostra psiche e cosa si può fare per affrontare e liberarsi dello stress che perdura.
Quali sono i sintomi di un forte stress?
Quando si parla di stress si intende della reazione psicofisica che un soggetto sperimenta davanti ai compiti (emotivi, sociali, cognitivi) vissuti come eccessivi rispetto a ciò che il soggetto può affrontare. Non esiste un misuratore dello stress, in quanto quest’ultimo è stabilito soggettivamente dalla persona; ciò che è certo però è che un livello eccessivo di stress può comportare disturbi di varia natura.
I disturbi scatenati dallo stress eccessivo si possono riversare sul nostro corpo (per esempio: mal di testa, dolori allo stomaco, sudorazione, tachicardia, problemi del sonno e sessuali), sui nostri processi cognitivi (difficoltà a prendere decisioni, disturbi della memoria e/o dell’immaginazione), sui nostri comportamenti o abitudini sociali (per esempio: agitazione, irrequietezza, abuso di alcolici, fame nervosa, impulsività, difficoltà a terminare lavori) e infine sulle nostre emozioni (tendenza a piangere, impotenza, nervosismo, tensione, affaticamento).
Quando questi sintomi diventano più “cronici” si parla, invece, di veri e propri disturbi psicologici: in alcuni lo stress ne è la causa come nel PTSD (Disturbo Post Traumatico da Stress) o nei disturbi di stampo psicosomatico, in altri è presente una stretta correlazione, come nei disturbi d’ansia, nei disturbi alimentari, sessuali e d’umore.
Che cos'è un crollo mentale?
L’origine della definizione crollo mentale ha radici storiche, nonostante sia un termine d’uso comune solo negli ultimi anni. Il crollo mentale si riferisce propriamente a una caduta del nostro apparato mentale con conseguenze anche dal punto di vista fisico.
Lo stesso Freud aveva dato spazio, nei suoi trattati, al termine nevrastenia che indica proprio una condizione di debolezza nervosa caratterizzata dalla mancanza di forze ed energie concomitanti a disturbi di natura fisica come insonnia, depressione, ansia e mancanza del desiderio sessuale. La causa, secondo Freud, è proprio da rintracciare in un inappagato funzionamento sessuale che rende la persona incapace di esprimere la sua tensione libidica.
Anche i successori di Freud, hanno ritenuto che la nevrastenia derivasse da una reazione inconscia a sentimenti di rabbia repressa o rifiuto, o senso di inutilità e svalutazione. È, quindi, una condizione simile all’esaurimento nervoso, causata, per lo più, da stress fisico o psicologico, che colpisce gli adulti e, esattamente come nel crollo mentale inteso oggi, i sintomi restano i medesimi: tensione, angoscia e ansia, dolori muscolari, deficit cognitivi, problematiche sessuali.
Poiché è difficile definire un’unica causa del crollo mentale, si ipotizza che svariate condizioni scatenanti possano essere rintracciate:
- - Traumi fisici (soprattutto cranici) e/o psicologici (abusi, violenze, maltrattamenti verbali, lutti, ecc...)
- - Prolungate condizioni estenuanti psicologiche e/o fisiche (soprattutto malattie croniche)
Nonostante siano passati diversi decenni dalle teorizzazioni di Freud, la definizione è tutt’oggi di uso corrente, con la sola variazione del termine in nevrosi ansiose e nevrosi depressive.
Cosa fare in caso di forte stress?
Tutti nella vita possono vivere un momento di forte stress. A livello clinico vivere uno stress troppo acuto e intenso, risulta essere per la persona un vero e proprio trauma.
Riprendendo le teorizzazioni di Freud (1920), egli parla del trauma come un elemento esterno/estranio al funzionamento psichico; un evento di origine traumatica rende la persona non in grado di difendersi dall’eccitazione eccessiva che la mente sperimenta. L’Io, che rappresenta il nostro contatto con la realtà conscia, vive quindi una intensa sensazione di impotenza davanti a questa eccessiva eccitazione – scatenata da fattori interni o esterni –, che non riesce ad essere arginata.
Tutt’oggi non esistono linee guide standard per tutti, ma si ritiene che la terapia farmacologica, se necessaria, possa essere integrata alla psicoterapia psicoanalitica, aiutando così la persona a riconoscere i conflitti inconsci, attraverso quello che resta lo strumento di elezione per il disagio emotivo.
Quando lo stress diventa un pericolo?
La linea di confine tra lo stress che la persona riesce a “smaltire” e quello che diventa potenzialmente pericoloso è probabilmente la cronicità: quanto più lo stress è prolungato nel tempo, tanto più c’è il rischio che la persona presenti veri e propri disturbi di origine psicologica. Ciò indica che la persona è in “pericolo”, ovvero il suo equilibrio emotivo è compromesso.
Quando lo stress raggiunge livelli elevati, possono insorgere vari disturbi, tra cui il Disturbo Depressivo Maggiore e Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD).
Questi due disturbi mostrano, ovviamente sintomatologie specifiche e peculiari per ognuno, ma condividono il rischio che la persona, se non aiutata, possa riferire pensieri suicidari collegati ai sintomi: un paziente con Depressione Maggiore può riferire pensieri pessimistici sulla sua vita, così come un paziente con PTSD che non riesce a tollerare dei gravi sintomi dissociativi (derealizzazione, depersonalizzazione, amnesia dissociativa).
In questi casi, si può ritenere che lo stress assuma caratteristiche di pericolosità per la persona, che dovrà essere sostenuta da un professionista esperto.
Quali sono gli effetti dello stress sul cervello?
Tutto il corpo può subire gli effetti collaterali di uno stress prolungato, ma gli effetti sulle capacità cognitive sono quelli che incidono maggiormente sulle attività quotidiane come lavorare, apprendere, ricordare.
Vari studi, negli ultimi decenni, hanno confermato specifiche correlazioni tra lo stress e effetti di quest’ultimo sul nostro cervello. Le persone che vivono momenti di stress cronico hanno maggior rischio di subire una riduzione dell’efficacia del sistema immunitario e quindi di ammalarsi più facilmente rispetto alla media. Anche i nostri circuiti neuronali ne possono risentire: uno squilibrio causato dallo stress può danneggiare per esempio l’apprendimento o la memoria. Semplici compiti o operazioni di routine possono essere completati con più difficoltà a causa delle associazioni neuronali che subiscono un rallentamento.
Così come a livello emotivo, le aree del nostro cervello quali ippocampo e sistema limbico, possono risentire di un effetto prolungato di malessere che genera vissuti depressivi e coinvolge proprio queste aree del cervello. Ristabilire un equilibro del nostro organismo, e soprattutto a livello cerebrale, fortunatamente è possibile; il nostro corpo tenderà sempre a rimarginare una ferita, ma è fondamentale comprendere l’origine di quella ferita attraverso un adeguato supporto psicoterapico.
Come reagisce il corpo allo stress acuto?
Quando si vive un momento di forte stress, la mente manda dei “messaggi” per essere ascoltata. Se questi messaggi vengono ignorati, perché si pensa sempre di riuscire a cavarsela, i “messaggi” vengono inviati con maggiore intensità fino ad arrivare al corpo. È un po' come quando si cerca di ignorare la voce di una persona che parla e quest’ultima inizia a gridare per farsi sentire. La stessa cosa avviene con il nostro corpo: inizia a mandare messaggi più forti per farsi “ascoltare”.
È vero che se purtroppo si tende a ignorare un pensiero disturbante, o una preoccupazione, difficilmente si tende ad ignorare un malessere fisico: per esempio, se si tollera la rabbia verso qualcuno, si fa più fatica a tollerare che questa rabbia si sia trasformata in una gastrite.
Ovviamente non tutti i malesseri fisici hanno un’origine psicosomatica, ma a volte può essere più utile domandarsi perché si ha sempre mal di pancia, piuttosto che prendere solo farmaci per curarla. Nella pratica clinica, spesso i pazienti si rivolgono allo psicoterapeuta perché, dopo aver visitato vari medici ed aver escluso diagnosi di origine medica, comprendono che quel dolore, quel mal di pancia, quell’eritema è in realtà conseguenza di uno stress non ascoltato.
I modi in cui il corpo può reagire allo stress sono differenti. A livello più esterno, la nostra pelle, così come anche i capelli, possono risentire degli effetti dello stress dal sintomo più lieve come l’acne o la comparsa di foruncoli, caduta massiva di capelli, fino ad arrivare a manifestazioni più serie come la psoriasi.
A livello più interno gli organi maggiormente colpiti sono quelli dell’apparato digerente. È comune, infatti, sentir parlare della nostra “pancia” come il nostro secondo cervello: scaricare lo stress mentale nella pancia è effetto di una stretta connessione nervosa tra i due sistemi; ecco perché le manifestazioni più comuni sono gastrite, problemi intestinali, crampi addominali, ecc.
Se il benessere del corpo può essere pregiudicato dallo stress, è anche importante ricordare come, il corpo stesso – attraverso lo sport – può essere d’aiuto per risollevarlo. Per esempio, il movimento aiuta a combattere gli effetti negativi dello stress anche con una semplice passeggiata o praticando della sana attività fisica. Così come la mente ha bisogno di allenarsi a comprendersi meglio, anche per il corpo può essere utile.
Come uscire da un esaurimento nervoso?
Si può pensare erroneamente che, per uscire da un periodo di stress prolungato, sia sufficiente eliminare gli eventi che lo hanno causato e creare nuove e sane abitudini. Per quanto queste due azioni siano funzionali a un miglioramento della sintomatologia, l’unico modo per uscire da un esaurimento nervoso è comprendere ciò che l’ha causato e perché per quella persona è stato così impattante sulla propria vita. Le componenti psicologiche, nella loro complessità, forniscono sempre la risposta al paziente che vuole trovarla.
Oltre a prendersi maggiormente cura di sè, attraverso la cura del nostro corpo e l’osservazione delle attività quotidiane che ci danno maggior sollievo, la persona dovrebbe rivolgersi a uno psicoterapeuta esperto per meglio comprendere i propri vissuti psicologici come per esempio i vissuti traumatici del passato che possono averne riattivati di nuovo nel presente, l’ipertrofia del senso del dovere (parte superegoica) sul lavoro, le emozioni di rabbia inespresse e censurate in una relazione, le frustrazioni narcisistiche per obiettivi non raggiunti, la mancata elaborazione in caso di lutto.
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Dr.ssa Valentina Carella - Centro Clinico SPP Milano età adulta