Come superare il senso di colpa
“La cosa spaventosa nei sentimenti di colpa: che neanche essi sono giusti”
Elias Canetti
Tra i sentimenti che più contribuiscono alla sofferenza psicologica c’è il senso di colpa, che porta a un doloroso conflitto interiore. A volte prende le mosse dalla consapevolezza di avere fatto qualcosa di male e può essere utile perché spinge a porre rimedio a un errore o a evitare comportamenti analoghi in futuro, ma spesso è un sentimento irrazionale, che apparentemente non ha ragion d’essere e porta molta sofferenza a chi lo prova.
Perché si prova il senso di colpa? Io e Super-Io
Quel che talvolta stupisce nel senso di colpa è, in effetti, l’eccessiva intensità del sentimento e la sua irrazionalità: perché ci si sente in colpa anche quando si sa benissimo che non sarebbe il caso? E perché il senso di colpa può essere davvero doloroso e logorante? Freud ci dà una spiegazione che affonda le sue radici nella sua teoria della mente, che distingue, all’interno della psiche, tre diverse istanze psichiche: l’Es, l’Io e il Super-Io.
L’Es, popolato da pulsioni che cercano soddisfazione, è caotico e inconscio, governato dal principio del piacere. L’Io, in parte conscio e in parte inconscio, è l’istanza intrapsichica che controlla le pulsioni e segue il principio di realtà, adeguandosi alle richieste del mondo esterno. Il Super-Io, invece, è l’istanza che incarna la legge e vieta che la si trasgredisca, è il veicolo della coscienza, dei valori genitoriali e culturali e nei confronti dell’Io funziona come un giudice e come un censore.
Secondo Freud (Il disagio della civiltà, 1929), per mantenere gli equilibri della società civile, le naturali spinte aggressive degli esseri umani invece di essere dirette verso l’esterno vengono interiorizzate e rivolte contro il proprio Io. Una parte dell’io, dice Freud, “si pone come Super-Io in opposizione al resto e (…) come ‘coscienza’”, e proprio dalla tensione tra il Super-Io e l’Io si genera il senso di colpa.
Il senso di colpa interessa anche chi non ha fatto niente di male, ma sente che vorrebbe farlo, e spesso ha a che fare con azioni o intenzioni che non sarebbero dannose al soggetto, ma rischierebbero di fargli perdere l’amore degli altri. Il senso di colpa secondo Freud è quindi radicato nella dipendenza dagli altri, a cominciare dai genitori, che il bambino non vuole deludere. Crescendo, l’autorità viene interiorizzata, appunto attraverso il Super-Io: è così che non fa davvero la differenza fare il male o volerlo fare, essere o non essere scoperti, perché il Super-Io in ogni caso attacca l’Io e si prova il senso di colpa. Rinunciare al desiderio di fare quello che viene percepito come male non basta per provare sollievo, anche perché la rigidità del Super-io aumenta, rinuncia dopo rinuncia.
Il senso di colpa è sempre negativo?
Il senso di colpa fa soffrire, ma è positivo nella misura in cui è segno del fatto che l’individuo ha interiorizzato le norme sociali e sa provare empatia verso gli altri. Donald Winnicott mette in rilievo che la presenza di senso di colpa “anche quando è inconscio e perfino quando apparentemente è irrazionale, implica un certo grado di sviluppo affettivo, di sanità dell’Io e di speranza”, perché solo un individuo sufficientemente sano, che ha avuto un accudimento materno sufficientemente buono, può tollerare l’ambivalenza tra amore e odio sottesa al senso di colpa.
C’è anche chi non riesce a gestire questa ambivalenza e non prova senso di colpa: si tratta degli individui antisociali, che possono rispettare le leggi della società, ma quando lo fanno aderiscono in maniera superficiale a regole che non hanno interiorizzato nel profondo.
Come liberarsi dal senso di colpa
Quando il senso di colpa si fa troppo pesante, però, bisogna trovare il modo di ridimensionarlo. Il Super-Io può diventare troppo tirannico e svilupparsi in modo spropositato per l’influenza, nei primi anni di vita, di un genitore molto autoritario; diverse sono le strade che, inconsciamente, l’individuo può trovare per rispondere all’attacco del Super-io, dalla depressione ai comportamenti ossessivi, nei quali si ripetono incessantemente rituali e azioni sempre uguali.
Certo, è sempre utile, quando ci si sente in colpa, domandarsi se questo sentimento risponda a un rimorso giustificato da un’azione sbagliata oppure no e cercare di ridimensionarlo ragionandoci su, ma per riuscire a uscirne è necessario rintracciare le motivazioni profonde del senso di colpa nel percorso evolutivo dell’individuo.
Chi prova senso di colpa da un lato è consapevole delle proprie pulsioni aggressive, dall’altro desidera soffocarle per non perdere l’amore dell’altro. Nella psicoterapia è possibile ritrovare passo dopo passo la capacità di tollerare la propria aggressività e di integrarla con spinte pulsionali d’amore. Questo non significa che si smetterà di provare senso di colpa, ma che questo sentimento sarà meno doloroso e, per tornare a Freud, che il Super-Io, la coscienza, non sarà così aggressivo e impietoso verso l’Io.
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Dr.ssa Sara Pagani - Centro Clinico SPP età adulta Milano