Approccio psicoanalitico: cosa significa, come funziona?
Quando si parla di approccio psicoanalitico il primo pensiero va, inevitabilmente, a Sigmund Freud e alla sua opera capitale “L’interpretazione dei sogni”, cui è attribuita la nascita ufficiale della psicoanalisi come scienza autonoma.
Su questa base freudiana di partenza, rimasta comunque un terreno comune mai abbandonato, si sono nel tempo innestati diversi modelli teorici che hanno arricchito e, in parte, trasformato il metodo psicoanalitico, mantenendo però saldi alcuni suoi concetti cardine riguardanti sia la teoria, sia la pratica, che cercherò di illustrare brevemente nel presente scritto.
Che cosa si intende per approccio psicoanalitico?
L’elemento più specifico dell’approccio psicoanalitico è il concetto di inconscio, il cui tratto caratteristico risiede nel fatto che è abitato e animato da contenuti che danno una motivazione alle emozioni, ai pensieri e ai comportamenti della nostra vita cosciente. Per comprenderne il significato, possiamo richiamarci a una celebre affermazione che paragona la mente umana a un iceberg: le parti che vi affiorano sono di gran lunga inferiori a livello quantitativo e meno importanti a livello qualitativo delle parti sommerse.
Ciò significa che la nostra coscienza si illude di padroneggiare in piena libertà i propri desideri, le proprie attività mentali e i propri modi di fare; in realtà le reali motivazioni del suo sognare, del suo pensare e del suo agire si trovano nelle profondità del suo inconscio. Questo inconscio, oggetto di studio del modello psicoanalitico, non è considerato una parte ostile e nemica della coscienza, che decide per noi; è una parte di noi che, se compresa, ci fornisce dei nuovi strumenti per conoscere noi stessi e per rimettere in accordo parti di noi che sono conflittuali.
Che differenza c’è tra l’inconscio psicoanalitico e l’inconscio cognitivo?
L’inconscio psicoanalitico si differenzia dall’inconscio cognitivo perché in quest’ultimo le attività mentali dipendono dall’azione del cervello ma, in tal caso, il sistema nervoso agisce soltanto nel senso di rendere possibile le attività cognitive, senza operare come agente mentale motivante e responsabile delle azioni stesse.
Per farsi un’idea del suo funzionamento, possiamo prendere in considerazione una delle numerose attività che facciamo quotidianamente, guidati dalla memoria procedurale; ad esempio, il camminare oppure l’allacciarsi le stringhe delle scarpe.
Qual è il materiale su cui si lavora con il metodo psicoanalitico?
Essendo l’approccio psicoanalitico basato su un oggetto di studio così particolare qual è l’inconscio, sorge spontaneo chiedersi: cosa significa conoscere l’inconscio? Come si fa a conoscerlo? L’inconscio è inconoscibile in sé stesso perché i contenuti che lo abitano non sono accessibili a una conoscenza diretta; hanno delle qualità che per la coscienza sono intollerabili. Se affiorassero alla coscienza così come sono, ci farebbero vivere una profonda e ingestibile angoscia. Quale difesa, allora, attiviamo la censura, un’attività psichica che impedisce che i contenuti inconsci riescano a passare nel preconscio e nella coscienza.
Tuttavia, l’inconscio si può conoscere per via indiretta attraverso le metodologie dell’approccio psicoanalitico finalizzate allo studio delle manifestazioni con cui esso fa sentire la sua voce. Per fornire un breve elenco di questi derivati dell’inconscio, cito:
- i sogni;
- i sintomi nevrotici;
- i sintomi psicotici;
- gli atti mancati, quali i lapsus e le dimenticanze;
- il motto di spirito.
Pur apparendo criptici e inconoscibili a un primo, e forse anche a un secondo sguardo, il loro studio psicoanalitico consente di attribuire un senso a questi fenomeni che, provenendo dall’inconscio, sono sempre e comunque motivati e perseguono uno scopo.
Come funziona l’approccio psicoanalitico?
Lo scopo essenziale del trattamento psicoanalitico è condurre il paziente alla guarigione liberandolo dai sintomi che lo tormentano. Questo si può dire che vale per ogni tipo di psicoterapia; tuttavia, ciò che contraddistingue l’approccio psicoanalitico da ogni altra forma di psicoterapia è che lo psicoanalista persegue e, quando tutto funziona, ottiene lo scopo della guarigione con un’azione particolare. Tale azione consiste nel rendere conscio ciò che prima era inconscio e, quindi, nel rendere il paziente più padrone e consapevole di sé stesso.
Per realizzare il suo lavoro, lo psicoterapeuta si affida sia alla tecnica psicoanalitica, che applica all’interno della particolare relazione di cura che crea con il suo paziente, sia alle “mappe teoriche” acquisite nel corso degli anni formativi ed esperienziali.
Per aiutare il lettore a immergersi più facilmente in ciò che significa affidarsi ad una psicoterapia ad indirizzo psicoanalitico, riporto una breve sintesi della favola intitolata “La cantina di Isabella”, scritta da Carla Muschio nel 2005, testo che fu per me una piacevole lettura.
In questa favola la piccola protagonista è una bambina di otto anni molto coraggiosa che scende frequentemente in cantina, dove non solo trova molte vecchie cose di famiglia, ma scopre anche una porta aperta nel muro. Isabella ne oltrepassa la soglia e scopre che la stessa dà accesso ad una serie strabiliante di mondi possibili che si presentano alla rovescia: il mondo dove gli strumenti musicali producono i loro suoni grazie a degli omini che li abitano, quello in cui i cani tengono al guinzaglio gli umani, e altri ancora.
Isabella, anziché essere impaurita, è costantemente affascinata dall’apertura di queste realtà, imprevedibili, sconosciute e piene di sensi diversi dai soliti. La porta nel muro ha però una particolarità: ruba tutto quello che Isabella vorrebbe portarsi a casa ed allora la bambina non può far altro che conservarne il ricordo. Quando poi decide di confidarsi con la mamma, la mamma le crede e le rivela che anche i grandi hanno una cantina segreta, dove ogni tanto tornano.
Si tratta di una storia che può essere letta come metafora di un lavoro psicoanalitico in cui lo psicoterapeuta, come fa Isabella, oltre a scendere in cantina, accompagna il paziente ad aprire la porta a quei mondi e a quelle emozioni da lui mai pensati o sognati. Tutto ciò con il coraggio e la curiosità dell’esplorazione e con il gusto della scoperta, il piacere di farla e lo stupore di viverla.
Che sintomi si possono curare con il metodo psicoanalitico?
Lo psicoterapeuta che segue l’approccio psicoanalitico modella il tipo di intervento sulle necessità del paziente, offrendo così la possibilità di cura alle più differenti forme di sintomi e di patologie: ansia, attacchi di panico, depressione, disturbi alimentari, disturbi di personalità, fobie, ossessioni, problemi relazionali e di coppia, disturbi sessuali, e quant’altro.
Ciò non dimenticando che, in alcuni casi o in alcuni momenti della terapia, potrebbe essere necessario affiancare alla psicoterapia una cura farmacologica che aiuti il paziente a contenere qualcosa che è troppo grande per essere contenuto solo con una relazione di cura fondata sulla
parola. Possiamo quindi ritenere che non sia necessario presentare dei sintomi particolari per intraprendere una psicoterapia ad indirizzo psicoanalitico; l’elemento fondamentale è l’essere motivati a conoscere se stessi, superando la paura di rendere consci i propri lati oscuri e le proprie fragilità.
Concludo questo scritto richiamando Dante Alighieri che, nel Canto XXVI dell’Inferno della Divina Commedia, scrive: “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza.”, quale invocazione a non dimenticare mai il bisogno sconfinato di sapere e di conoscenza che ci rende uomini.
Dr.ssa Donatella Rattini - Centro Clinico SPP Milano dell’età adulta
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