Delirio di onnipotenza in psicologia: sintomi e significato
Esistono dei sintomi, tra cui il delirio, considerati dai clinici come troppo bizzarri perché si possa rintracciare un equivalente degli stessi nel comportamento abituale di tutti i giorni. Pur non essendo oggetto di lamentela da parte del paziente, essi sono fenomeni, osservabili e descrivibili, che mettono in luce una frattura rispetto al modo ordinario di percepire la realtà circostante.
Per poterli comprendere, è necessario cercare di individuare il significato soggettivo che hanno per il paziente che li manifesta, senza accontentarsi della semplice spiegazione che trattasi di una risposta particolare che devia dalla normalità poiché frutto di una mente alterata.
Cos'è il delirio in psicologia?
Nel dare una definizione di delirio si può dire che, dal punto di vista soggettivo, un delirio è una credenza che viene mantenuta dalla persona con la stessa convinzione e con la stessa intensità con cui chiunque altro sostiene in modo deciso le proprie idee non deliranti. È un’idea, completamente differente dalla fantasia, non criticabile, non modificabile con la persuasione e affermata con straordinaria convinzione. Infatti, le ragioni che sono fornite da un paziente per sostenere la veridicità del proprio delirio, hanno le stesse modalità di quelle fornite da una persona che deve provare un’idea qualsiasi.
Possiamo dunque riassumere le dimensioni essenziali del delirio nelle seguenti tre:
- è sostenuto con un’insolita convinzione;
- non è riconducibile alla logica;
- risulta palese alle altre persone l’assurdità del suo contenuto.
Si tratta di un’alterazione del giudizio di realtà che si esprime con un insieme di sintomi che compaiono in forme e con livelli diversi e che però descrivono tutti una medesima funzione alterata.
Pensando ad un significato più psicoanalitico, possiamo dire che il delirio è il tentativo disperato, messo in atto da una persona, di dare coerenza a qualcosa che di coerenza non ne ha, di mettere un po’ di ordine nel suo mondo interno confuso. In un qualche modo, quindi, il delirio riduce l’ansia soggettiva, fornendo al paziente un chiaro, anche se falso, sistema di lettura del proprio vissuto interno.
Come si manifesta il delirio?
Il delirio compare in un ampio spettro di disturbi o in particolari fasi del medesimo disturbo e la forma con cui si manifesta è dettata proprio dal tipo di disfunzione che il paziente presenta. In linea generale, i deliri possono essere distinti in primari e secondari, anche se tale distinzione non è sempre di facile applicazione.
Il nucleo del delirio primario è la sua insuperabile incomprensibilità che si manifesta con l’assoluta convinzione del paziente che stiano capitando tutte le cose più assurde, nel modo più inverosimile possibile, e che queste cose siano vere. Il delirio primario è un sintomo caratteristico della schizofrenia.
Nel delirio secondario la falsa convinzione è comprensibile in quanto collegabile a delle circostanze che si sono presentate nel corso della vita di una persona, oppure al suo attuale stato emotivo o alla luce del suo retroterra culturale e delle credenze del gruppo cui appartiene. Il delirio secondario si verifica in molte condizioni, oltre che nella schizofrenia, esso può presentarsi nella psicosi maniaco-depressiva, nel disturbo bipolare, nell’epilessia e nell’intossicazione acuta da droghe o da alcool.
Quanto dura il delirio psicotico?
Il delirio è un disturbo che può durare per anni o addirittura per decenni poiché la sua formazione, la sua elaborazione e il suo mantenimento sono l’espressione di numerose influenze causali convergenti, ciascuna delle quali esercita, in modo differente, il proprio effetto sull’esperienza psichica del paziente.
I fattori che sono prevalentemente coinvolti nella formazione del delirio possono essere:
- disturbo del funzionamento cerebrale
- influenze del retroterra, di temperamento e di personalità
- ruolo dell’emotività
- risposta ad un disturbo percettivo
- sovraccarico cognitivo.
I fattori che, invece, incidono maggiormente nel mantenimento del delirio possono essere:
- inerzia nel cambiare le idee
- necessità di coerenza
- scarsità di rapporti interpersonali
- isolamento.
In genere il delirio secondario è per lo più transitorio, a differenza del delirio primario che generalmente si manifesta come un sintomo permanente poiché associato alla schizofrenia, ossia ad una malattia che tende ad essere cronica. Ciò evidenza come il livello di gravità di un delirio dipende dalla sua cronicità.
Cosa sono le manie di grandezza? Chi è affetto da manie di grandezza?
Il delirio, come tutte le forme di esperienze psichiche, ha un suo contenuto che è ciò che dà colore al delirio stesso e che è determinato dal retroterra emotivo, sociale e culturale del paziente. A seconda del suo contenuto, il delirio può riguardare una varietà di temi, tra i quali la persecuzione, l’infedeltà, la pulsione erotica, l’idea di grandezza, la colpa, l’indegnità, la povertà e l’ipocondria.
I deliri di grandezza primari, o deliri a fini speciali, si verificano nel corso della schizofrenia in cui il paziente ha la convinzione delirante di avere un valore esagerato, un potere sovrannaturale, un’identità speciale o una relazione con una divinità. Un esempio di essi si ha quando il paziente ha la convinzione di essere stato prescelto per una missione speciale, non identificata, e di cui egli stesso non è stato informato nei dettagli, ma di cui attende ansiosamente il disvelamento.
I deliri di grandezza secondari si verificano nel corso della fase maniacale del disturbo bipolare, in cui si manifesta un’alterazione dell’umore. Ricordo ancora oggi l’esempio di mania di grandezza che un mio professore portò nel corso di una lezione universitaria in cui descrisse il caso clinico di una sua paziente maniacale che, in modo assolutamente delirante, vantava la propria discendenza diretta dalla famiglia reale degli Stuart e che quindi credeva realmente di essere Maria Stuarda. Una volta gli raccontò di aver invitato la regina e il primo ministro ad un ricevimento nella sua stanza da studentessa perché pensava che si sarebbero sentiti onorati di essere stati invitati.
Come comportarsi con una persona con disturbo delirante? Quale cura è più efficace?
Non è facile per un familiare stare accanto a un paziente schizofrenico o affetto da un altro tipo di disturbo che presenta, tra i suoi sintomi caratterizzanti, l’esperienza delirante.
Il primo principio da seguire, per riuscire a prendersene cura, è l’imparare a rispettare il suo diritto a delirare perché il delirio contiene degli elementi importanti della sua storia personale e rappresenta il modo con cui lui entra in contatto con la realtà. In particolare, il delirio è la modalità con cui questa persona organizza la percezione di una realtà che diversamente lo farebbe impazzire; un tentativo di costruire un linguaggio possibile per delle esperienze impossibili da elaborare.
Nella cura di questo tipo di pazienti è importare l’applicazione di un approccio integrato composto da: farmacoterapia, psicoterapia e sostegno psico-sociale. A livello di psichiatria, per sintomi così rilevanti come i deliri, risultano particolarmente efficaci i neurolettici, farmaci che hanno un’azione sedativa che permette di abbassare il tono mentale, intellettivo ed emozionale del paziente.
Nella psicoterapia, l’interesse del clinico dovrà essere rivolto alla comprensione delle origini profonde del delirio e, sulla base delle esperienze che hanno caratterizzato le prime fasi della vita del paziente, di come lo stesso sia arrivato a costruire proprio quel particolare delirio. Il terapeuta, quando si trova nella stanza d’analisi con una persona che manifesta un delirio, cercherà di creare per lei una specie di zona intermedia tra il delirio e la realtà in cui la stessa potrà sentirsi libera di esprime ciò che ha dentro di sé, senza che le venga richiesto un esame di realtà.
Questa zona, di fatto, diventerà un'area di contenimento della sua parte delirante. Per riuscire a realizzarla bisogna trasmettere al paziente l’idea che in seduta si può parlare di tutto, anche del suo delirio, ossia della storia che abita la sua casa interna e che, essendosi ammalata, sta cercando una nuova casa che abbia orecchie buone e molto fini che sappiano accoglierla e ascoltarla, perché le storie non ascoltate muoiono.
Dr.ssa Donatella Rattini - Centro Clinico SPP Milano età adulta
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