Innamoramento paziente psicoterapeuta: l'amore di transfert
Comincio questo breve scritto citando il seguente pensiero di Blaise Pascal: “Noi conosciamo la verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore.”
Lo cito perché ritengo che queste parole rappresentino bene come ciò che appartiene al mondo del “non pensato”, ossia al mondo delle emozioni e dei sentimenti, è portatore di una verità che non è irrazionale ma è semplicemente “altra”, diversa, rispetto a quella che governa il mondo della coscienza, dell’Io. Parliamo di due realtà differenti ma complementari e necessarie l’una all’altra.
Se per ognuno di noi può essere relativamente semplice comunicare, attraverso il linguaggio, i propri pensieri consci, che si presume siano alquanto comprensibili, tutto diventa più enigmatico quando, come avviene in psicoanalisi, il paziente cerca di esprimere al suo psicoterapeuta qualcosa di inconscio, di profondamente emotivo e, per farlo, utilizza la persona stessa dello psicoterapeuta. Può capitare allora che arrivi a provare dei sentimenti d’amore e/o un’attrazione erotica nei suoi confronti. Cercherò di fare qualche riflessione su questo argomento, partendo da alcune domande che può capitare a tutti di porsi.
Quando il paziente si innamora del terapeuta? Perché può accadere che ci si innamori del proprio terapeuta?
Nella stanza d’analisi, in considerazione dell’intimità del rapporto che si crea tra il paziente e il terapeuta, circola, a seconda della fase della psicoterapia che si sta attraversando, ognuna delle tipologie di emozioni che l’essere umano può sperimentare: amore, odio, gioia, tristezza, rabbia, paura, invidia, vergogna, ecc..
Tuttavia, di questi sentimenti, solo l’amore di transfert, sin dalle origini della tradizione psicoanalitica, ha dato adito a una lunga serie di questioni: pensiamo allo scompiglio provocato nella vita di Breuer dal caso di Anna O., oppure alle difficoltà incontrate da Freud con Dora e da Jung con Sabine Spielrein.
Ad oggi, però, la letteratura psicoanalitica esistente sembra essere concorde rispetto al fatto che l’amore, all’interno di un trattamento fondato sull’approccio psicoanalitico, è un suo fattore intrinseco e un sentimento indispensabile, ciò partendo dal presupposto che l’amore è il fondamento delle relazioni affettive primarie che ognuno di noi ripete nella sua vita, quale prototipo esperienziale. Sono proprio queste relazioni affettive primarie che si attualizzano nella relazione terapeutica e che, conseguentemente, vengono rivissute sulla figura dell'analista attraverso il transfert e, in tal caso, per il tramite del transfert amoroso, essendo l’amore il sentimento su cui esse si fondano.
Poiché ogni persona è unica e possiede la propria storia personale e familiare, va da sé che l’amore di transfert non può che avere una natura estremamente soggettiva. Ne consegue che nel transfert con lo psicoterapeuta, tale amore può assumere le più svariate sfaccettature, alcune delle quali di grande intensità e con una trama particolare. Può allora capitare che, in alcuni casi, il transfert amoroso faccia sì che il paziente si innamori del suo psicoterapeuta e/o ne sia attratto sessualmente, uomo o donna che sia, ed esprima tutto ciò con le parole oppure lo manifesti con il comportamento. Utilizza così il transfert per dare voce a qualcosa di profondo che non è in grado di esprimere diversamente.
Ad esempio, nel caso in cui una paziente si fosse innamorata del proprio terapeuta, per ottenere da lui quell’amore esclusivo e incondizionato che inconsciamente sente di non avere avuto nel corso dell’infanzia, potrebbe arrivare a scegliere accuratamente il suo abbigliamento prima di andare in seduta, ricercando qualcosa che possa farla apparire unica e bella ai di lui occhi, oppure potrebbe immergersi nel suo profumo preferito affinché lo psicoterapeuta lo senta e gli rimanga nella stanza d’analisi, oppure potrebbe cominciare a porre allo psicoterapeuta delle domande sulla propria vita privata (se è sposato, se ha figli, ecc.).
Ovviamente non fa alcuna differenza se l’innamoramento è da parte di un paziente uomo verso la propria psicoterapeuta donna.
Cosa succede nel caso di innamoramento tra paziente e terapeuta? Cosa non deve fare uno psicoterapeuta?
Racchiuderei le reazioni che il terapeuta si auspica sia capace di non agire nel caso in cui il paziente si sia innamorato di lui in due comportamenti principali, questo per brevità di trattazione e pur rendendomi conto di quanto ciò sia molto riduttivo, trattandosi di fatti umani:
- - non deve respingere o vivere male il sentimento d’amore manifestato dal proprio paziente nei suoi confronti;
- - non deve coinvolgersi in un rapporto amoroso e/o sessuale con il suo paziente creando un clima relazionale paritetico con lui.
Se un paziente si innamora del suo psicoterapeuta c’è sempre un motivo che va compreso; per farlo è necessario accogliere bene l’innamoramento del paziente e favorirlo. Il sentirsi a disagio o addirittura essere spaventati dall’amore troppo richiedente e pressante, manifestato da alcuni pazienti, può ferirli profondamente e comunicare loro il messaggio inconscio che amare qualcuno è pericoloso oppure che, alla fine, si viene sempre respinti.
Ciò però non può farci dimenticare che la psicoterapia è un luogo in cui si riflette sul comportamento, invece di agirlo; se non fosse così, tale relazione diventerebbe uguale a quelle che il paziente vive nella sua quotidianità.
Inoltre, uno dei principali motivi per cui uno psicoterapeuta non deve agire o reagire a sentimenti affettivi e sessuali mostrati dal suo paziente è deontologico: tali comportamenti sono vietati e sottoposti a precise sanzioni dal Codice Deontologico degli Psicologi Italiani. Ad esso si aggiungono l’etica e la logica professionali che dovrebbero guidare il comportamento di ogni buon psicoterapeuta, al di là delle regole imposte dal proprio ordine.
Alla luce di quanto sopra, possiamo concludere che, nel caso di innamoramento tra paziente e terapeuta, è bene che lo psicoterapeuta, dopo averlo riconosciuto, ne parli con il paziente perché così il paziente, pian piano, impara ad accettare che il suo desiderio amoroso non può essere ricambiato in modo concreto ma che il suo psicoterapeuta mostra l’affetto nutrito verso di lui attraverso l’interesse che prova per la sua vita, concreta ed emotiva, e il rispetto che ha di lui come persona.
Cosa prova lo psicoterapeuta per il suo paziente?
Il non doversi coinvolgere in un rapporto affettivo e/o sessuale con il paziente, non significa che lo psicoterapeuta non deve provare alcun sentimento nei suoi confronti. Lo psicoanalista è sì un professionista, che ha seguito un apposito percorso di formazione e un’analisi personale, ma è anche una persona che, a sua volta, ha un proprio inconscio dominato da emozioni simili a quelle del suo paziente. Nell’approccio psicoanalitico, il sentire emotivo del terapeuta viene definito “controtransfert”.
Questo particolare coinvolgimento controtransferale dello psicoterapeuta, inoltre, gioca un ruolo nella realizzazione del transfert del paziente poiché entrambi sono implicati in quella che è una situazione analitica ma, al tempo stesso, anche una relazione fra due persone. Paula Heimann, al riguardo, specifica che: “Ciò che distingue questa relazione dalle altre non è la presenza di sentimenti in un partner, il paziente, e l’assenza nell’altro, l’analista, ma soprattutto l’intensità dei sentimenti provati e l’uso che se ne fa, giacché questi fattori sono interdipendenti.”
Lo psicoterapeuta, quindi, può provare la stessa gamma di emozioni sperimentate dal suo paziente ma deve essere capace di ascoltarle dentro di sé e contenerle, invece che agirle e condividerle con il paziente. Deve sapere unire il ragionamento teorico e clinico al suo sentire emotivo, andando oltre al significato conscio trasmesso da una parola o da un fatto compiuto dal suo paziente o da se stesso.
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Dr.ssa Donatella Rattini - Centro Clinico SPP Milano dell’età adulta