“Un furioso desiderio di sacrificio. Il supermusulmano”: la recensione
Titolo libro: "Un furioso desiderio di sacrificio. Il supermusulmano"
Autore: Fethi Benslama
Editore: Raffaello Cortina, Milano 2017
Prezzo di copertina: 12 euro
Fethi Benslama membro dell’Accademia Tunisina di scienze, lettere e arti, Docente di Psicopatologia Clinica e Direttore del Dipartimento Studi Psicoanalitici dell’Università Parigi “Diderot”, nonché psicoanalista lacaniano è autore dell’interessante libro dal titolo “Un furioso desiderio di sacrificio. Il Supermusulmano”.
Alla fine degli anni Ottanta Benslama ha lavorato come psicologo clinico nella periferia nord di Parigi; già in quegli anni ha iniziato a osservare la progressiva radicalizzazione dei giovani delle periferie più svantaggiate.
Ciò gli ha permesso di seguire il percorso di trasformazioni soggettive, che ci sono state negli ultimi venticinque anni in seno a questa popolazione. L’autore ha potuto così constatare che molti giovani, prima di adottare posizioni islamiche radicalizzate o fanatiche, hanno manifestato stati di sofferenza psichica, spesso di natura depressiva oppure situazioni di abbandono familiare o sociale, che talvolta hanno trovato una provvisoria fuga nel terrorismo dell’Isis.
In una intervista al quotidiano francese “Le Monde” (dicembre 2015), Benslama associava il fenomeno della radicalizzazione a una reazione a mancanze identitarie soggettive.
La radicalizzazione islamica come minaccia
Benslama sostiene che i possibili candidati all’estremismo e al terrorismo islamico siano sempre più giovani e provengano da tutte le classi sociali. Negli ultimi anni si è assistito a un’estensione del fenomeno alla classe media.
Ciò accade non solo in Francia, ma anche negli altri paesi europei e mediterranei. A riguardo, l’autore scrive: “Il 25% è composto da minori, il 35% da donne, il 40% di convertiti all’Islam (i convertiti rappresentano il 50% di coloro che si recano nelle zone di guerra)” (p. 22).
Inoltre si sostiene che la radicalizzazione abbia mutato natura, dopo la diffusione su Internet delle convinzioni estremiste, avvenuta all’incirca a partire dal 2005: l’ipotesi è che, diventando un prodotto di massa, il fanatismo islamico abbia indebolito la componente strettamente ideologica e di indottrinamento, lasciando maggiore spazio ai comportamenti sregolati di una soggettività allo sbaraglio.
Non è un caso, da questo punto di vista, che anche rispetto agli ultimi attacchi terroristici dell’Isis, ci si trovi di fronte ai cosiddetti ‘lupi solitari’ o a persone francamente disturbate che, spesso, agiscono appunto da sole.
Nella sua esperienza sul campo, infatti, l’autore ha riscontrato come il processo di radicalizzazione non sia necessariamente legato a un’estremizzazione propriamente religiosa.
Spesso i giovani Jihadisti hanno solo una conoscenza molto superficiale dell’Islam. Si tratta, dunque, di soggetti che cercano la radicalizzazione, senza passare dalla religione.
La radicalizzazione islamica come sintomo
La radicalizzazione viene intesa in questo libro anche come un tentativo di sopravvivenza a uno stato di fragilità psichica. In questo senso, la radicalizzazione può essere vista come il sintomo di un desiderio di radicamento in coloro che non hanno più radici o si reputano tali.
Così come la psicoanalisi ci mostra che il sintomo è una soluzione di compromesso nell’economia psichica del soggetto, pure il sintomo della radicalizzazione ha una propria ragione d’essere: ottenere una via di guarigione tramite modalità molto particolari, che richiedono di affrontare disagi interiori, mettendosi ancora più a rischio nel mondo esterno, anche quando ciò dovesse condurre alla morte.
Ma la morte, secondo i dettami dell’estremismo islamico, è fonte di una vita più autentica, che procura al soggetto un godimento, rispetto al quale, quello della vita presente non è che un’eccitazione effimera. Il radicalizzato cede una vita che percepisce non valere nulla a Dio, con l’aspettativa che gliela renda perfetta.
La persona ne guadagna, così, una sedazione dell’angoscia, un sentimento di sollievo e di potenza a spese, però, di perdere la propria libertà e soggettività, aderendo a ideologie deliranti e ciniche.
L’avidità di ideali del radicalizzato musulmano
Benslama osserva, inoltre, che i due terzi dei radicalizzati hanno tra i 15 e i 25 anni; sono, cioè, adolescenti o giovani adulti che si trovano in una periodo della vita nella quale l’attraversamento dell’adolescenza può conoscere un’estensione e uno stato di crisi prolungato, fatto, tra l’altro, molto comune nelle società occidentali moderne.
A determinare la crisi di questa fase della vita è la transizione soggettiva in cui gli ideali dell’infanzia vengono abbandonati e al soggetto si impone, con l’avidità che ne attesta l’urgenza della ricerca, la necessità di trovarne dei nuovi.
L’avidità di ideali può sfociare per il giovane in momenti intensi di depressione e/o di esaltazione, che in casi estremi ne mettono a rischio la salute psichica. Per difendersi dall’angoscia di precipitare nell’abisso, il soggetto ha bisogno di fare un salto verso l’alto.
Ne consegue che la proposta della radicalizzazione religiosa può trovare in queste persone fragili terreno fertile.
Il supermusulmano
Preliminare al concetto di supermusulmano, è il passaggio dalla definizione di musulmano a quello di islamico. Secondo Benslama, l’obiettivo principale dell’islamismo è la creazione di una potenza ultrareligiosa, collegata al sacro arcaico e al sacrificio. È una utopia politica contraria ai valori occidentali, ma che si avvale in pieno dell’ausilio della tecnologia moderna, propria delle società che vuole demonizzare.
Punto centrale dell’islamismo è quello di subordinare il potere politico a quello religioso, con l’aspirazione di farlo sparire del tutto. La rivoluzione islamica iraniana (1979) è stata, per questo, un’innovazione, perché è basata sull’idea che i religiosi occupino il vertice del potere: il capo dello Stato islamico iraniano è infatti la Guida suprema, un ayatollah scelto da un’assemblea di esperti religiosi.
Il supermusulmano è una condizione in cui un musulmano è portato a superare il musulmano che è, attraverso la rappresentazione di un musulmano che deve esserlo ancora di più.
Scrive a tal proposito l’autore: “Con il supermusulmano..., si tratta di manifestare l’orgoglio della propria fede dinanzi al mondo; è un Islam pride. L’angoscia di molti musulmani consiste nel vivere in un mondo in cui la secolarizzazione – di cui consumano peraltro i prodotti – fa avvertire loro la sensazione di diventare altri, di non essere più se stessi. La disgrazia di percepirsi come un sé inautentico è la molla della disperazione musulmana... Con il conseguente disperato tentativo di bloccare la deriva, richiamando nel presente gli avi devoti...”. (pp. 74 e 75).
Si osserva, inoltre, che non tutti coloro che aspirano a essere supermusulmano lo diventano anzi, probabilmente nella maggioranza dei casi non succede. L’autore, tuttavia, mette in guardia sul fatto che il confine sia labile e i passaggi all’atto possano essere imprevedibili.
Il superamento del supermusulmano
Secondo l’autore le rivolte che hanno avuto luogo nel mondo arabo alla fine del 2010, le cosiddette ‘primavere arabe’ hanno rappresentato un tentativo soggettivo e politico di un superamento del concetto del supermusulmano. Ciò è stato vero, soprattutto, in Tunisia, dove: “Donne e uomini, in prevalenza giovani, si sono fatti avanti a mani nude, senza preghiere o salmi” (p. 102).
La crisi basilare del mondo musulmano ha origine nello scontro tra la tendenza organica della comunità, con il suo tributo agli antenati, e l’idea di una società riflessiva, che noi definiremmo laica o Statale.
Interessante, rispetto a ciò, che Benslama sottolinei come la comunità dei musulmani sia designata dalla parola “umma”, che rimanda alla parola madre (“oum”). A causa di questa analogia, i musulmani ritengono di provenire dallo stesso corpo sacralizzato e la minaccia di rompere questo rapporto primordiale suscita angosce profonde.
Conclusioni
Nella vasta letteratura dedicata allo studio del fenomeno del terrorismo islamico, l’approccio di Benslama si distingue per aver preso in considerazione la complessità della condizione soggettiva dei cosiddetti radicalizzati secondo una prospettiva legata alla psicoanalisi.
L’autore precisa, che cercare di comprendere che cosa induca un soggetto a radicalizzarsi, non vuole dire mostrare compiacenza o indulgenza riguardo ai possibili effetti antisociali o criminali che questa scelta può comportare: non bisogna assolutamente confondere, da questo punto di vista, la possibile spiegazione con la giustificazione.
"Un furioso desiderio di sacrificio. Il supermusulmano" è dunque un libro stimolante, scritto in modo preciso e puntuale: sicuramente da leggere.
A cura del dott. Davide Fiocchi - Centro Clinico SPP dell'Adulto
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